Walter Dalla Pozza: Solido, determinato, altruista.
Abbiamo sollevato il cappello da cuoco a Walter Dalla Pozza, Chef Patron di Artintavola, Docente di Cucina e Responsabile Divisione Eventi di Nic (Nazionale Italiana Cuochi): da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigorifero.
La parlata, piacevole e sicura sono il frutto di una consapevolezza professionale raggiunta “sul campo”, Walter Dalla Pozza ha infatti inanellato nel suo percorso tutte le tappe necessarie per diventare un grande maestro di cucina. La partenza all’istituto alberghiero spinto dalla passione ereditata dalla mamma, gli anni nel mondo nella gastronomia per perfezionare tecniche e conoscenze, un periodo come patron di un ristorante per poi capire che un solo luogo gli andava stretto e la sua energia e la voglia di eleganza e qualità dovevano esprimersi in un progetto più ampio e variegato. Ecco l’avvio di Artintavola, società di banqueting di alto livello che è stata la naturale espressione della capacità di Walter che, nel frattempo è entrato in Fic Federazione Italiana Cuochi, ha insegnato e insegna tutt’ora all’alberghiero di Voghera ed ha “incontrato” la Nic (Nazionale Italiana Cuochi), prima vincendo a Mosca il Campionato come singolo e, in seguito, diventando Responsabile della Divisione Eventi. Dalla Pozza ha contribuito fattivamente alla recente conquista dell’Oro ai Campionati di Lussemburgo dimostrando il suo spessore umano e la sua generosità nel condividere conoscenze ed esperienza. Da oltre un decennio Artintavola è il riferimento per l’organizzazione di tutti gli eventi della lussuosa Villa Necchi alla Portalupa di Gambolò (Pv) raccogliendo consensi entusiasti, Walter è stimato e amato da tutti ed è orgogliosissimo di aver fatto da apripista ai suoi figli che lo affiancano; uno in sala e uno al servizio bar.
-Da bambino cosa sognavi di diventare? Sognavo un futuro nel mondo sportivo, sono sempre stato appassionato di sport e penso di averli praticati quasi tutti a livello dilettantistico; calcio in primis ma anche paracadutismo, subacquea, tennis, arti marziali. Poi ho scoperto che il mio sport doveva essere la pesistica, così ho cominciato a reggere e muovere padelle casseruole e pentoloni.
-Il primo sapore che ti ricordi. Quello dello stufato di carne che la mamma preparava di primo mattino, per riempire e condire i ravioli. Mi svegliavo con questo profumo nell’aria al posto di quello del caffè.
-Qual è il senso più importante? Per me è la vista, quello che ti permette di vedere le meraviglie che ci circondano, i sorrisi della gente, la felicita negli occhi dei bambini il sorgere e il tramontare del sole.
-Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato. Due piatti che non riesco ad eguagliare sono il risotto con la zucca e il sugo di stufato di carne di maiale che faceva mia mamma. I miei figli mi ripetono da sempre che non riuscirò mai a farli buoni come quelli della nonna.
-Come hai speso il primo stipendio? Sono nato in una famiglia non certo benestante dove mia mamma purtroppo e rimasta presto vedova con tre figli da crescere ma è riuscita a darci una vita dignitosa senza troppe rinunce grazie al suo impegno e alla sua devozione. La più grande soddisfazione è stata quella di potergli consegnare il primo stipendio della mia vita.
-Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare? Il fritto di moeche, la zuppa Pavese, la Crema di ostriche con punte d’asparagi e foie gras di Joel Robuchon
-Cosa non manca mai nel frigo di casa tua? Non mancano mai aglio pomodori e basilico tre ingredienti che a mio avviso rappresentano la cucina italiana nel mondo, poi è meglio che io eviti di fare la spesa perché mi faccio tentare da vasetti di ogni tipo; salse, sottoli e sottaceti.
-Qual è il tuo cibo consolatorio? Sicuramente Pane e Salame (quello vero e buono) sono cresciuto con i sapori dell’Oltrepò Pavese dove il salame è sempre stato per me uno degli alimenti magici.
-Che rapporto hai con le tecnologie? Pur essendo di vecchia generazione ho un rapporto bellissimo con la tecnologia che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante anche nel mondo della cucina e la cosa mi affascina. Leggo, sperimento, faccio corsi di aggiornamento, mi confronto con colleghi e amici di settore e con produttori di nuove tecnologie per rimanere costantemente aggiornato sulle evoluzioni nel nostro campo.
-All’ Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale? Rigorosamente Aglio olio e peperoncino e frittata con le cipolle.
-Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni? Tutti i miei amici perché il piacere e la gioia di un buon pasto un buon bicchiere di vino condiviso con tutte le persone che fanno parte della tua vita è una gioia immensa.
-Quale quadro o opera d’arte rappresenta meglio la tua cucina? Penso che un quadro farti provare delle sensazioni, come un piatto o un bicchiere di vino, indipendentemente da chi sia stato realizzato. Anni fa ho acquistato da un pittore ligure un quadro che rappresenta un vecchio borgo ligure in una giornata d’inverno con spiagge deserte, due gozzi e il mare in movimento, ancora oggi quando lo guardo alla fine di una giornata di lavoro frenetico, provo un senso di rilassamento pace e tranquillità. Il pittore si chiama Barzetti.
-Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe? La Sinfonia Beethoven’s Silence.
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