Abbiamo sollevato il cappello da cuoco a Giuseppe Romano Executive Chef e owner del ME Restaurant di Pizzo Calabro, che ci ha svelato i suoi segreti: da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigorifero.
Ha iniziato questo lavoro con semplicità, facendo una scelta personale, visto che nessuno a casa si occupava di ristorazione, anzi è stato il giovane Giuseppe a coinvolgere la sua famiglia nell’avventura della gestione di un ristorante, attività che gli ha fatto capire che il suo talento aveva bisogno di esperienze nuove, di studio, di confronto, per maturare ed esprimersi. Allora Giuseppe ha iniziato il suo viaggio che in vent’anni lo ha portato in innumerevoli cucine a scoprire ricette, prodotti e sapori. Sono stati anni di collaborazioni, di associazionismo, di fatica e di soddisfazioni. Per Apci Associazione Professionale Cuochi Italiani è diventato Delegato Ragionale e poi Consigliere Nazionale, ha rappresentato alcune importanti aziende ed ha collaborato con le sue ricette alla pubblicazione di riviste e libri. Da amante delle sfide ha anche arricchito il suo medagliere di riconoscimenti in tante competizioni. Finché la sua strada gli ha presentato un bivio; partire per la California per seguire un progetto importante, oppure rimanere in Calabria a Pizzo e raccogliere il testimone del ristorante del padre della sua adorata Eleonora, la Pastry Chef divenuta sua moglie. La scelta fatta con il cuore è stata quella giusta, non solo oggi gestiscono insieme con grande successo il loro ME Restaurant, ma lui, campano di nascita, è sempre più un riferimento per il territorio e le sue eccellenze che rappresenta anche da associato Eurotoques e Ambasciatori del Gusto.
-Da bambino cosa sognavi di diventare? Da bambino ho sempre sognato di diventare un bravissimo pasticciere
-Il primo sapore che ti ricordi. Il ragù di mia mamma la domenica mattina sul pane caldo
-Qual è il senso più importante? I sensi di colpa dopo aver mangiato tanto… scherzo il senso più importante per me è la propriocezione che si sviluppa al momento dell’assaggio di un piatto e chiudendo gli occhi ci proiettiamo su una parte del corpo
-Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato. Il mio primo sufflè
-Come hai speso il primo stipendio? In verità li ho dati a mia madre. In quel periodo non navigavamo in buone acque a causa di un grosso infortunio successo a papà.
-Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare? La granita di mandorle di mia moglie La carbonara Il tartufo bianco
-Cosa non manca mai nel frigo di casa tua? Cioccolata
-Qual è il tuo cibo consolatorio? Il gelato cioccolato, nocciola e panna
-Che rapporto hai con le tecnologie? Direi buone
-All’ Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale? Pasta e patate con provola di Agerola
-Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni? Mia moglie con figlia a seguito
-Quale quadro o opera d’arte rappresenta meglio la tua cucina? John Bramblitt che diventò cieco per colpa di una crisi epilettica, ma nemmeno la malattia fermò la sua passione per la pittura che ha proseguito imparando ad avvertire le vibrazioni dei colori con l’aiuto delle mani. Questo per dire che, quando un uomo lavora con passione, spirito e amore, non esiste nulla che gli può impedire di trasmettere le sue emozioni nelle sue opere. Inoltre mi piacciono tantissimo i colori che quest’artista utilizza nei suoi quadri
-Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe? Sei dentro di me di Alex Baroni
Attenzione! Oltre i Fornelli utilizza cookie a scopi funzionali e analitici per migliorare la tua esperienza di navigazione. Proseguendo la navigazione acconsenti all'uso dei cookie. Per maggiori informazioni, leggi l'informativa sui cookies.