Nuove foto aggiunte
31 ottobre 2023
SOTTO LA TOQUE:
Giuseppe D’Errico:
Determinato Eclettico Sensibile
Abbiamo sollevato il cappello da cuoco a Giuseppe D’Errico Executive Chef Ristorante La Madernassa a Guarene (CN), che ci ha svelato i suoi segreti: da cosa voleva diventare da grande a ciò che non manca mai nel suo frigorifero
L’atteggiamento calmo e riflessivo altro non sono che ordine e organizzazione, tanta organizzazione. Giuseppe D’Errico è certo che per raggiungere un risultato si deve prima desiderarlo, con passione e ispirazione e poi organizzare con lucidità e determinazione tutti i mezzi per perseguirlo… e quando decide è impossibile fermarlo!
Nato in una famiglia dove ristorazione e conoscenza delle materie prime erano all’ordine del giorno, Giuseppe è cresciuto nel retrobottega della macelleria di carni pregiate del papà, che aveva immaginato per lui un futuro di studi, visto gli ottimi risultati che il ragazzo collezionava a scuola.
Il liceo scientifico gli ha dato la formazione scolastica ma l’inclinazione e il talento per la cucina bruciavano come un fuoco… un colpo di coda e Giuseppe D’Errico inizia il percorso all’Alma e gli stage lavorativi nei migliori ristoranti della sua Campania che però gli diventa presto stretta.
Parte giovanissimo per il suo viaggio verso la Francia riuscendo con grande coraggio e duro lavoro a convincere l’immenso Michel Troisgros che, dapprima scettico, in breve tempo lo vorrà accanto a sé nella sua prestigiosissima Maison.
Saranno sei anni indimenticabili e fondamentali ai quali ne seguiranno quasi altrettanti in Svizzera a sviluppare progetti di alto calibro come l'avvio del Ristorante Ornellaia a Zurigo al quale verrà riconosciuta la Stella Michelin a soli 10 mesi dall'apertura… e quando meno se lo aspettava, arriva dall’Italia la proposta di prendere in mano le redini del prestigioso ristorante La Madernassa, bandiera del fine dining territoriale piemontese che però era rimasto senza una guida, diciamo una sfida che in pochi, o nessuno avrebbero voluto accettare. Tranne Giuseppe che, in pochi giorni, ha deciso di lasciare la strada certa per ricominciare da zero e ricostruire brigata, linea e offerta centrando in tempo record l’obiettivo di vedere riconfermata la Stella Michelin.
Dal 2021 il ristorante continua ad essere un riferimento gourmet per la cucina del Piemonte ma con un respiro internazionale che attira una clientela esigente da tutto il mondo.
D’Errico è soddisfatto ma non certo appagato… ogni risultato lo spinge da sempre ad alzare l’asticella!
-Da bambina/o cosa sognavi di diventare?
Quando ero bambino il mio più grande sogno era diventare dentista. Mi piaceva ingenuamente l’idea di potermi prendere cura del sorriso delle persone. Ad oggi mi rende orgoglioso poter ottenere lo stesso effetto attraverso la mia cucina.
-Il primo sapore che ti ricordi.
Il primo sapore che mi ricordo è quello del pomodoro e basilico. In generale i miei sapori preferiti sono sempre stati quelli semplici, quelli che sanno di “casa”. Questo è probabilmente uno dei motivi per i quali tengo così tanto al mio orto: mi ricorda che le cose naturali e semplici sono sempre quelle da cui si deve partire per ottenere grandi risultati.
-Qual è il senso più importante?
Per me il senso più importante è sicuramente quello etico, e questo si rispecchia anche nella mia cucina, dove sostenibilità e km0 sono concetti fondamentali.
-Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
Il piatto più difficile che io abbia mai realizzato è quello che dovrò ancora realizzare.
-Come hai speso il primo stipendio?
Il mio primo stipendio a dire il vero non l’ho speso in nessun modo particolare. Piuttosto che spenderlo per togliermi qualche piccolo sfizio, ho preferito investirlo nella mia formazione, pagandomi le spese per vivere in Francia, luogo a cui devo gran parte delle cose che so e di ciò che sono oggi.
-Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?
Il Salmone all’Acetosella, un piatto semplice che però unisce al meglio tradizione e innovazione; la Parmigiana di Melanzane, il piatto per eccellenza che riesce a dare la sensazione di “casa” che citavo prima; e, per concludere con il dessert, il Cannolo Siciliano di Corrado Assenza, nel quale si racchiudono degli elementi fondamentali della cucina: stagionalità, territorio e materie prime.
-Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Nel frigo di casa mia non può mai mancare una bottiglia di Champagne che amo condividere con la mia brigata per festeggiare i successi.
-Qual è il tuo cibo consolatorio?
Quando sento la necessità di consolarmi attraverso un cibo, ho bisogno di mangiare qualcosa che mi dia la giusta energia e mi trasmetta sensazioni positive per affrontare nel modo giusto un eventuale problema, la giornata o il periodo e, per me, nulla ci riesce meglio delle mandorle tostate e salate.
-Che rapporto hai con le tecnologie?
Ottimo. Ci troviamo in un periodo storico in cui è fondamentale tenersi continuamente aggiornati e al passo con i tempi. Io cerco sempre di farlo al meglio documentandomi soprattutto su come e in cosa le innovazioni del settore possano contribuire all’interno della mia cucina.
-All’ Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
Il peggiore cibo che possano obbligarmi a mangiare è qualsiasi piatto che sia stato realizzato senza un ingrediente di fondamentale importanza nella mia cucina: l’amore. Sono sicuro che per quanto un piatto possa essere ben eseguito, nel momento in cui manca la passione e l’amore, le persone lo percepiscono.
-Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Alla cena dei miei sogni inviterei la mia compagna, la quale non ringrazierò mai abbastanza per tutto il supporto e l’affetto che mi trasmette ogni giorno e per spronarmi sempre nel proseguire la mia strada verso i miei obiettivi.
-Quale quadro o opera d’arte rappresenta meglio la tua cucina?
In questo caso non posso limitarmi ad un’unica risposta. Se devo fare un’associazione tra la mia cucina e un quadro o un’opera d’arte, ce n’è sono diverse che mi vengono in mente. Tra tutti citerei sicuramente la tecnica del “dripping” utilizzata da Pollock, o le opere di Matisse e Burri. Non ci si deve dimenticare che a modo suo anche la cucina è un’arte, e gli artisti hanno tutti un obiettivo comune: trasmettere qualcosa attraverso le proprie opere. Io non sono da meno.
-Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
Anche in questo caso mi viene davvero difficile focalizzarmi su una sola canzone rappresentante della mia cucina, ce ne sono diverse. Ad oggi, però, direi “The Show Must Go On” dei Queen, un inno alla determinazione e alla perseveranza, caratteristiche che rappresentano appieno me e, di conseguenza la mia cucina, dove metto, appunto, tutto me stesso.
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